Il turismo culturale negli ultimi anni è divenuto protagonista di un lento e costante cambiamento così come di una costante innovazione, dovuti principalmente ad un mutamento delle esigenze del turista-consumatore che sceglie sempre più le località in cui ha la possibilità di immergersi nello stile di vita locale ed in tutto ciò che ne costituisce l’identità, il carattere, la storia, i valori, le tradizioni, l’arte, l’architettura (dal PRSTS – Piano Regionale di Sviluppo Turistico Sostenibile 2019/2021).
Una delle piacevoli conseguenze, di questo mutato atteggiamento, sta nel crescente fenomeno del turismo genealogico (o di ritorno, o delle radici), ossia di quel nuovo segmento del turismo culturale che vede tanti turisti intenti ad associare il viaggio all’esperienza di riscoperta delle loro origini. Quel turismo, cioè, caratterizzato dai viaggi degli emigranti e dei discendenti per conoscere la terra delle radici.
Questo segmento turistico, oramai consolidato nei paesi anglosassoni – Irlanda e Scozia, prevalentemente – appare ancora poco sviluppato in Italia ed ancor meno in Calabria, dove, eccetto singoli studi o progetti circoscritti al loro ambito di ricerca, il turismo genealogico non è ancora stato considerato sufficientemente rilevante a livello turistico.
Ma, se si pensa che l’Italia, e tra le varie regioni la Calabria tutta, è stata (e in parte continua a essere) un Paese di emigrati, di persone che sono andate all’estero a cercare fortuna e nuove e migliori condizioni di vita o semplicemente un lavoro, ci si rende immediatamente conto del potenziale flusso di persone e, con esse, di risorse economiche che questa nicchia di turismo potrebbe intercettare.
Il contributo calabrese all’emigrazione, negli anni, infatti, è stato molto significativo: dalle analisi statistiche acquisite e riportate nella tabella seguente, risulta che nel periodo che va dal 1876 al 1920, circa un sesto dell’intera popolazione regionale è emigrata.
I nostri emigrati, le loro famiglie e con esse tutti i figli di Calabria, sono state le risorse preziose concesse ad altre terre lontane; quel capitale umano che in una terra più ospitale avrebbe generato nuova linfa e ricchezza, ma che a questa latitudine si è tradotta solo in abbandono delle terre, delle famiglie e di interi paesi.
Oggi, però, quei paesi, i nostri paesi – piccoli o grandi che siano, interni o sul mare, abbandonati o vigorosi – tutti indistintamente, possono tornare ad essere vitali se accuratamente rilanciati come prodotto turistico. Essendo l’emigrazione, infatti, originata soprattutto in zone rurali si può pensare di portare il turismo internazionale in aree generalmente escluse dai circuiti principali dei tour operator. Si aggiunga, poi, che la Regione Calabria nel promuovere la turisticità del territorio tutto, sta puntando verso una Calabria caratterizzata dai borghi, dal suo entroterra praticamente intatto adornato dalle numerose bellezze naturali, in cui sempre vive e vitali, nonché degne di essere elevate ad attrazione turistica di tipo esperienziale, sussistono le numerose tradizioni popolari, i dialetti e le usanze locali, i riti religiosi e gli eventi festivi. Allora, ecco che il passaggio al turismo genealogico può essere considerato un po’ il fil rouge delle varie tipologie di turismo che interessano la nostra regione, al punto da rappresentare una valida risposta allo sviluppo del territorio.
Si deduce che, per accogliere il “turista genealogico” (forzando un po’ la mano), non può bastare l’organizzazione di un volo aereo che lo faccia atterrare a Lamezia Terme. È necessario qualcosa in più. È necessario far sì che ci sia tutta un’organizzazione che ruoti intorno. E’ necessaria un’attenta politica regionale volta ad intercettare i flussi dei possibili destinatari, magari coinvolgendo le associazioni e le organizzazioni degli emigrati e facilitando l’accesso agli organismi che si occupano di ricerca genealogica. È doveroso destare interesse e attenzione verso i territori calabresi originari coinvolgendo e preparando la comunità locale all’accoglienza di chi ritorna, concertando con i territori medesimi azioni ed interventi che si traducano in servizi territoriali basati sull’offerta del recupero della memoria, delle radici, del passato nel quale vissero gli avi.
Insomma, è necessario lavorare insieme per ottenere un sistema organizzato che consenta al turista genealogico di giungere in Calabria per ricostruire per intero la storia della propria famiglia, di ripercorrere i luoghi, gli eventi, i profumi ed i sapori della memoria. Solo così i territori, possono tornare a vivere ed a rivivere se decidono di mettere in campo le giuste energie volte a reperire risorse finanziarie pubbliche al fine di attuare sia interventi strutturali e di promo-valorizzazione territoriale, quanto in ambito privato, col fine di incidere sulla produzione di nuovi e più efficaci servizi richiesti dai turisti (strutture ricettive caratterizzanti il territorio, offerta di piatti e tipicità alimentari e gastronomiche del territorio, e così via).
E’ necessario, pertanto, che le istituzioni tutte convergano affinché venga legittimato e messo a sistema il lavoro svolto da ogni organismo, organizzazione pubblica ed operatore privato volto a far conoscere i luoghi vissuti dai propri avi sviluppando quel profondo senso di appartenenza alle proprie radici che è insito in ognuno di noi.
D.ssa Jlenia Tucci
Ricercatore senior
Osservatorio Turistico Regionale
Regione Calabria- Dipartimento Turismo
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