Il rapporto Istat: «Persi in un anno 18mila neonati»
«Si è ridotta la platea delle potenziali mamme»
La popolazione diminuisce senza sosta dal 2015: primo «calo demografico» degli ultimi 90 anni
di Margherita De Bac
È spaventosa la velocità con cui calano le nascite in Italia. Un crollo, culle vuote. Nel 2018 rispetto all’anno precedente abbiamo perso 18 mila neonati, una flessione del 4%. L’ultimo rapporto dell’Istat contiene molti altri motivi di allarme che si sono accentuati nonostante le dichiarazioni d’intenti rinnovate da più parti ad ogni appuntamento con il triste bilancio dell’Istituto. All’anagrafe risultavano iscritti il 1° gennaio del 2019 un numero esiguo di piccoli nuovi cittadini, 439.747, nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia. È scontato che i prossimi rapporti presenteranno continui ritocchi al record. Significa che il saldo naturale, come lo definiscono i demografi, cioè la differenza tra i nati e i morti, è sempre più sfavorevole e nel corso del 2018 è stato di -193 mila unità.
Bolzano, dove si nasce di più
Il Paese si sta tingendo di bianco e al momento non si vedono elementi per sperare che la situazione si inverta. Il rapporto tra chi apre gli occhi al nuovo mondo e chi muore è negativo ovunque tranne che nella provincia autonoma di Bolzano, che vanta un attivo di circa 880 persone. Mentre il saldo naturale meno favorevole è quello della Liguria, seguita da Toscana, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Molise. Dal 2015 continua a diminuire anche la popolazione residente: si configura per la prima volta negli ultimi 90 anni una fase di declino demografico. Siamo a quota 60 milioni e 359.546 persone: nel 2018 la popolazione è scesa di 124 mila unità, di oltre 400 mila rispetto a quattro anni prima. È come veder sparire ogni tanto una città di media grandezza.
Bimbi senza fratelli
Restiamo poco più di 55 milioni se al totale togliamo i residenti stranieri che sono l’8,7%. E anche la loro curva sta scendendo. Sono diminuite del 3,2% le richieste dall’estero di stabilirsi qui. Però gli stranieri sono l’unica parte della popolazione capace di mantenere il saldo naturale in attivo. Fanno ancora figli e muoiono di meno perché hanno un’età inferiore a quella degli italiani e una popolazione femminile fertile. Il numero di figli per donna in età fertile, ricorda il presidente della Società Italiana di Neonatologia (Sin) Fabio Mosca, «è 1,34, siamo fanalino di coda in Europa e, secondo le ultime previsioni Eurostat, nel 2050 nasceranno appena 375 mila bambini. Questo vuol dire che stiamo ridisegnando l’idea di famiglia: tre quinti dei nostri bambini non avrà fratelli, cugini e zii; solo genitori, nonni e bisnonni».
L’impatto epidemiologico
Raffaele Antonelli Incalzi, professore di Medicina interna e Geriatria al campus Biomedico di Roma, sottolinea come «osservazioni epidemiologiche mostrano che si invecchia male in una società con troppi anziani». Avere dei nipoti, prosegue, «aumenta qualità e durata della vita, è stimolante sia dal punto di vista cognitivo ed emotivo sia fisico; se la situazione non cambia ci saranno sempre più spesso nonni senza nipoti, quindi minori relazioni interpersonali, aumento della depressione e delle malattie che si porta con sé».
Politiche per la famiglia
«L’Italia sta perdendo la sua identità, basta misure spot e rimasugli di bilancio buttati là senza un piano strutturale di interventi. Il segnale dell’Istat deve essere raccolto dalla politica», attacca Roberto Novelli, deputato di Forza Italia, commissione affari sociali della Camera. Il sindaco di Firenze Dario Nardella ricorda gli aiuti del Comune per favorire l’allargamento delle famiglie: «Mentre il governo taglia il bonus per asili nido e baby sitter noi supportiamo i genitori con 2 mila euro ogni nuovo nato, scuolabus gratuito e due nuovi asili nido». Unisalute, gruppo Unipol, analizza i dati Istat. L’Italia è ai primi posti in Europa per vecchiaia, sopra la Germania. Aumentano i malati cronici e non autosufficienti, e si impenna la spesa sanitaria.
Articolo pubblicato sul quotidiano “Corriere della Sera” del 4 luglio 2019 a pag. 21
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