di Viviana Daloiso
L’inverno demografico svuota altre 18mila culle, è il record negativo di sempre. Dal 2014 cancellata una città come Palermo. L’eccezione: Bolzano, tanti incentivi e tanti bambini. Serviva un nuovo crollo verticale, per certificare ufficialmente il “declino demografico” dell’Italia. E l’Istat lo ha messo nero su bianco ieri, correggendo al ribasso le stime già negative anticipate qualche mese fa sul 2018.
I 18mila figli perduti. Nel Belpaese si muore più che nascere, e a nascere sono sempre in meno: 18mila le culle svuotate dalla paralisi sociale in un anno, poco più di 439mila i nuovi nati, un numero che segna il record negativo dal 1861 (-4% rispetto al 2017). E a guardare il saldo della popolazione le cose vanno anche peggio: parlando solo di cittadini italiani, al 31 dicembre scorso siamo scesi a 55 milioni e 104mila unità, 235mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,4%). Se si confronta il dato con quello del 2014, la perdita è pari alla scomparsa di una città grande come Palermo (-677 mila). Senza l’apporto dei nuovi cittadini stranieri, che negli ultimi 4 anni sono aumentati di 638mila unità, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 300mila. E infatti nell’ultimo quadriennio, il contemporaneo aumento di oltre 241mila unità di cittadini stranieri ha permesso di contenere la perdita complessiva di residenti: sono 5.255.503 quelli iscritti all’anagrafe, rispetto al 2017 sono aumentati di 111mila (+2,2%) arrivando a costituire l’8,7% del totale della popolazione residente.
Le politiche che mancano. La popolazione italiana, scrivono i ricercatori dell’Istat, ha da tempo perso la sua capacità di crescita per effetto della dinamica naturale, quella dovuta alla “sostituzione” di chi muore con chi nasce. Nel corso del 2018 la differenza tra nati e morti (saldo naturale) è negativa, e pari a -193mila unità. E il cosiddetto “saldo naturale” della popolazione complessiva è negativo ovunque, tranne che nella Provincia di Bolzano. «Che cosa serve ancora per capire che senza politiche familiari serie, strutturate e di sostegno alla natalità l’Italia è destinata a scomparire? – è l’ennesimo grido del Forum nazionale delle associazioni familiari, lanciato dal presidente nazionale Gigi De Palo –. Quello tracciato ancora una volta da Istat è un quadro drammatico che sotto l’ombrellone di luglio lascerà ancora una volta distratto, nei fatti, il mondo politico, economico, istituzionale, troppo impegnato in annunci privi di fondamento, nei muro contro muro ideologici e nel tentativo di quadratura del cerchio di un Paese che, però, senza figli vedrà quest’impresa farsi ogni anno più impervia, fino all’impossibilità di evitare il default nazionale. Siamo stanchi di ripeterlo: urge un Patto per la natalità». All’appello fa seguito quello di numerosi politici, in ordine sparso: da Forza Italia a Fratelli d’Italia fino al Partito Democratico, ognuno con la sua ricetta, dalla richiesta di dietrofront immediato sulle misure di Quota 100 e reddito di cittadinanza (che poco effetto hanno sortito nel campo della promozione della natalità e in quello del sostegno alle famiglie con figli), al cambio di rotta in fatto di politiche migratorie (gli stranieri divenuti italiani per acquisizione della cittadinanza nel 2018 sono meno di 113mila, 22 ogni mille, ben il 23% in meno rispetto al 2017) fino alla richiesta di inserire proprio un piano per la natalità, assieme a sostegni alle mamme lavoratrici, nella prossima manovra economica.
Gli italiani in fuga. Intanto allarma anche il dato sullo spopolamento delle aree geografiche più fragili del Paese. Le zone più popolose rimangono il Nord-ovest (vi risiede il 26,7% della popolazione complessiva) e il Sud (23,1%), seguite dal Nord-est (19,3%), dal Centro (19,9%) e infine dalle Isole (11%). Solo nel Nord-est si registra un lieve aumento di popolazione (+0,10% rispetto al 2017), mentre in tutte le altre ripartizioni risulta in calo; i maggiori decrementi, al di sopra della variazione media nazionale (-0,21%), si rilevano proprio nelle Isole (-0,53%) e al Sud (- 0,46%). E se le iscrizioni in anagrafe dall’estero si sono ridotte da quasi 500mila del 2008 a 332mila del 2018, le persone che nel 2018 hanno lasciato il nostro Paese sono quasi 157mila, con un aumento di 2mila unità rispetto al 2017. Un’altra emorragia per cui poco, o nulla, si sta facendo a livello politico e di programmazione. In compenso a diminuire sono i decessi, segno di una stabilizzazione delle condizioni della popolazione più anziana: si assestano sulle 633mila unità in linea con il trend di aumento registrato a partire dal 2012, ma in calo rispetto al 2017 (-15 mila). Si chiama Family Plus e per chi a Bolzano decide di avere un terzo figlio (o un quarto, un quinto) è lo strumento attraverso cui i Servizi alla comunità locale del Comune garantiscono sostegno costante. La tessera funziona come una carta di credito, senza avere valore economico: si esibisce per ottenere il 20% di sconto nelle farmacie, in oltre 125 attività commerciali e in tutti i servizi ricreativi pensati per i minori (dalla piscina al centro estivo) e gestiti da 55 associazioni. Che al progetto, s’intende, hanno aderito di buon grado. Una famosa catena di supermercati prevede dei buoni sconto e acquisto. E la soglia massima di reddito familiare per ottenere la card è di 60mila euro annui. È solo uno dei servizi – incredibili, per chi vive lontano dall’Alto Adige – che lasciano questo pezzo d’Italia fuori dalla fotografia sconfortante dell’Istat.
La famiglia può essere sostenuta, la natalità può essere incentivata, e questo a Bolzano e Provincia avviene col risultato che l’area è l’unica in Italia in cui le nascite superano i decessi (+1,7 per mille, con 5.248 nati nel 2018 a fronte di 4.397 decessi). «In realtà qui si parte addirittura dalle coppie di giovani – spiega Carlo Alberto Librera, direttore di ripartizione proprio dei Servizi alla comunità locale del Comune di Bolzano –. Sono previsti aiuti sia per comprare la prima casa che per affittarla. Nel primo caso abbiamo contributi sugli interessi per esempio, se si accende un mutuo, o contributi a fondo perduto se si acquista subito. Nel secondo, prevediamo contributi agli affitti». La Provincia di Bolzano prevede poi ormai da anni il reddito minimo di inserimento (che va da un minimo di contribuzione di 600 euro per un single fino ad oltre 2mila euro per le famiglie con 3 figli o più), una misura talmente rodata ed efficace da aver lasciato a poco più che zero il ricorso al reddito di cittadinanza (inizialmente per altro fortemente criticato dal presidente Arno Kompatscher). Altri tre almeno i punti di forza del “sistema-Bolzano”: il sostegno alle mamme lavoratrici attraverso la rete delle tagesmutter (gli asili a domicilio gestiti da professioniste preparate dal circuito del Terzo settore e delle cooperative), che ormai stanno soppiantando il servizio pubblico per capillarità e diffusione, la corsa delle aziende alla certificazione del family friendly, che prevede misure di conciliazione lavorofamiglia e flessibilizzazione di orari e contratti, e ancora i mezzi pubblici praticamente gratuiti per gli studenti fino ai 18 anni (si pagano 20 euro all’anno) e scontati per i genitori di studenti minorenni, centri di aggregazione giovanile per il doposcuola, consultori, assistenza psicologica nel percorso genitoriale: «La Provincia gestisce il sistema di welfare, i Comuni ne applicano le misure attraverso i cosiddetti “Distretti sociali” dove le famiglie vengono indirizzate in base ai loro bisogni – continua Librera –. La decisione di investire sulla natalità, da cui è nata anche l’Agenzia per la famiglia, nasce dalla nostra cultura: qui fare figli viene considerato ancora un valore, nei masi abbiamo famiglie che arrivano ancora a 7 o 8 figli. Non abbiamo mai dovuto prendere la decisione di tagliare altrove per investire in questo comparto e speriamo di non doverlo fare». Intanto – in pieno inverno demografico – i figli nascono, le famiglie crescono.
Articolo pubblicato sul quotidiano “Avvenire” del 4 luglio 2019 a pag.9
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