di Lisa Cuberli
Forse è questa l’idea che nel 2012 era balenata a Luciano Ricci, un avvocato calabrese al quale l’ AIPD – Associazione Italiana Persone Down ONLUS, specificatamente la sede di Catanzaro, aveva chiesto aiuto per realizzare un progetto di inserimento lavorativo che coinvolgesse alcuni tra i suoi soci più giovani. In realtà, l’idea giusta ci aveva messo un po’ ad arrivare… Dapprima l’avvocato aveva preso in considerazione il tema del riciclaggio dei rifiuti, chiedendosi se era possibile creare una cooperativa sociale che si occupasse di questo, ma già sulla carta il progetto si dimostrò troppo costoso; mentre continuava a spremersi le meningi, il signor Luciano ricevette un regalo di compleanno inaspettato, un manuale per produrre la birra in casa.
Ansioso di verificare personalmente la validità del volume e delle istruzioni in esso contenute, comprò un kit “fai da te” e in breve tempo divenne un mastro birraio di tutto rispetto; a quel punto l’idea c’era e forse poteva funzionare! Luciano ne parlò subito con l’amico Massimo Pisanelli, un ingegnere che da tempo voleva dedicarsi ad altro, il quale lo appoggiò senza riserve. I due diventarono così imprenditori e sborsarono di tasca propria il denaro necessario all’acquisto dei macchinari e delle attrezzature essenziali per dare vita a un piccolo birrificio artigianale; consapevoli sin dall’inizio che in quest’avventura non sarebbero stati soli, fondarono la società cooperativa sociale a responsabilità limitata “Hesperia” e coinvolsero Marina Dominijanni, referente dell’AIPD di Catanzaro, come socia di garanzia.
Ora che le formalità burocratiche erano espletate, mancava soltanto la formazione, che doveva avvenire su due livelli: da un lato, tutte le persone che avrebbero partecipato attivamente al progetto dovevano ricevere nozioni più specifiche sulle diverse tecniche di produzione della birra e su tutte le mansioni da svolgere all’interno di un birrificio artigianale; dall’altro, gli imprenditori Luciano e Massimo (che di lì a poco sarebbero diventati titolari d’azienda) dovevano imparare a relazionarsi correttamente con i loro futuri dipendenti, tutti giovani al di sotto dei trent’anni con la sindrome di Down, seguiti dall’AIPD di Catanzaro.
Superato quest’ultimo step, “Solid Ale Beer” poteva finalmente aprire i battenti e aspirare a produrre una birra forte per sapore e motivazione (appunto “solid” in inglese), tradizionale, cioè ad alta fermentazione, con un moderato tasso alcolico e con poca schiuma (in altre parole, la birra che i Britannici chiamano “ale”) e solidale, in quanto frutto del lavoro di ragazzi speciali che grazie ad essa hanno l’opportunità di rendersi utili e contribuire attivamente allo sviluppo economico della società in cui vivono.
Dal 16 ottobre 2016, giorno della prima cotta (ovvero della prima trasformazione di una certa quantità di acqua, cereali e luppolo in mosto, come spiegato nell’Enciclopedia della birra), l’attività è in continua espansione; inizialmente i ragazzi occupati erano quattro, pagati con i voucher e il rapporto di tutoraggio era di uno a uno, oggi invece gli occupati sono sei, regolarmente assunti e del tutto autonomi nelle loro mansioni, tanto che i tutor individuali non servono più. Attualmente i tipi di birra prodotti sono cinque, per un totale di circa ventimila bottiglie all’anno, e sono acquistabili on line dal sito del birrificio (vedi sopra) o direttamente reperibili in una novantina di punti vendita localizzati in Calabria e non solo; ai lettori e alle lettrici di “NordestNews” segnalo in particolare (perché situati nel Nordest d’Italia) la birreria “Miasantola” di Muggia (TS) e il punto vendita per il commercio equosolidale “El Fontego” di Venezia.
Di recente “Solid Ale Beer” ha iniziato a uscire allo scoperto, pertanto se entrate in uno dei bar “solidali” di Catanzaro nella serata giusta, potrete trovare non solo la birra e le sue bottiglie, ma anche i suoi produttori, etichettatori e imbottigliatori che per l’occasione si improvviseranno camerieri e ve la serviranno direttamente al tavolo, accompagnata da qualche stuzzichino; questo perché da un po’ di tempo Luciano, Massimo e tutto lo staff del birrificio, in collaborazione con i locali della zona che vendono la loro birra, organizzano di tanto in tanto una “apericena” nella quale è possibile rapportarsi direttamente con loro e conoscere più da vicino il loro operato. A voler essere sinceri però, lo scopo di queste serate è anche quello di permettere ai giovani impiegati nella cooperativa (proprietaria del marchio e del birrificio) di “farsi le ossa” in un contesto diverso dal solito, che richiede maggiori capacità relazionali; riuscire a stare a contatto con la gente e a comportarsi in maniera appropriata in diverse situazioni, consentirà a questi ragazzi di crescere ulteriormente, sia a livello personale che professionale, portandoli forse anche a realizzare il sogno di gestire un pub tutto loro, nel quale la birra, l’affetto e l’allegria scorreranno a fiumi per confluire insieme in un mare di solidarietà!
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