Giovanni Benvenuto dall’Abruzzo alla Calabria. Imprenditore per passione… sulla via dello zibibbo

Di Pino Campisi

Pino Campisi – Presidente Acli Terra Calabria

La terra d’origine rappresenta sempre un luogo del ritorno, del ritrovare radici e sentimenti dei padri. Nella storia di Giovanni Benvenuto tutto questo si realizza e materializza nell’impianto di un vigneto nelle terre dei nonni e del padre. Una fascia di terra che si staglia tra il lago Angitola e il Golfo di Sant’Eufemia, angolo bellissimo della nostra regione che fa di Giovanni un imprenditore viticoltore. Che accompagna le sue profumate bottiglie di vino con la poesia dei luoghi che cantano i sentieri d’una terra fatta di solitudine ma che sta ritrovando la sua antichissima forza per conquistare storie contemporanee e di futuro.  Giovanni è anche tra coloro che hanno, di recente, costituito l’Associazione viticoltori vibonesi: Cantine Artese, Benvenuto, Casa Comerci, Marchisa, Masicei, Origine&Identità e Rombolà. Si sentono insieme imprenditori autopropulsivi per far ripartire le loro aziende.

1.D – Cosa vuole raccontarci del suo ritorno in Calabria? Come nasce la passione dei filari e dei vitigni? E quella dello zibibbo?

Diciotto anni fa decisi di lasciare il mio amato Abruzzo, dopo esser diventato perito agrario ed aver già chiaro il mio amore per il mondo del vino, di iscrivermi alla facoltà di agraria dell’università mediterranea e contemporaneamente di recuperare le vigne e soprattutto lo zibibbo, storia ed emozione del luogo, che purtroppo stava cadendo nell’oblio e addirittura vedeva proibita la sua vinificazione ufficiale. Così mi feci carico con amore delle sue sorti, fino al punto di essere poi il primo a vinificarlo in tutta la Regione, nella sua versione secca, poi dolce ed infine orange… l’amore indotto da mio padre per questa terra e la capacità di questi luoghi di farti innamorare sono stati il carburante che mi ha accompagnato ed ancora mi spinge a fare tutto questo e soprattutto a tutelare e custodire la tradizione dello zibibbo.

2.D – Luigi Veronelli, enogastronomo, grande esperto di vignaioli e vini, ci lascia un verso quasi poetico: «Il vino è il canto della terra verso il cielo». Cosa dire, nel vino prendono posto sapori, luoghi, narrazioni sul mondo contadino tra i filari e poesia. Da giovane imprenditore si ritrova in queste parole.

Assolutamente si, se non fosse addirittura che ho omaggiato i miei vini con i nomi Cielo, Terra e Mare, anche se quest’anno il Cielo prenderà il nome di Celeste…il vino è poesia, racconto di tradizioni, di ritmi e tecniche alchemiche, che portano al consumatore la fusione degli elementi naturali con l’arte e la passione del vignaiolo…

3.D – Questo è periodo di recessione economica, il vino di Calabria, in quanto prodotto di alta qualità, può generare un effetto trascinamento della nostra economia locale?  Vino e territorio anche al servizio di una possibile ripresa del turismo. D’altra parte è anche vero che il vino è ambasciatore del Sud e dell’Italia nel mondo.

Assolutamente si, il vino calabrese, quello ben fatto, negli ultimi anni sta ricevendo tantissima considerazione, soprattutto fuori dai confini nazionali. Io, ad esempio, lavoro principalmente con l’estero, Usa , Regno Unito, Francia, Svizzera, Polonia, ecc. e noto il grande interesse verso la qualità e l’espressione autentica ed originale di un territorio. Altrettanto interessante è vedere i molti turisti che volenterosi di scoprire il territorio ed i sapori, cercano un’esperienza emozionale e restano coinvolti tra filari e cantine dai nostri racconti e sapori, è un fenomeno in forte espansione e spero che passata l’emergenza covid torni a rinnovarsi e crescere.

4.D – Possiamo immaginare che in una seria distrettualizzazione dei territori, il vino possa essere il «prodotto guida» ; per le altre produzioni di qualità. Insomma la più creativa ricchezza del territorio.

Sono d’accordo. Sicuramente è uno dei prodotti più rappresentativi della cara Enotria, e può aiutare ad esser carro trainante soprattutto nell’export di tutto il comparto agroalimentare, basti pensare ai possibili abbinamenti territoriali tra cibo e vino che si possono proporre al pubblico, dove poter così con l’occasione sponsorizzare l’intero bagaglio enogastronomico.

5.D – Da oltre un decennio alcune Associazioni di sicura reputazione, a partire da ASVIS e Symbola, lavorano per la tutela e la sostenibilità del territorio. Il vigneto e il vino tengono insieme cultura e risorse umane per l’ambiente. Tra i viticoltori vibonesi vi è questa consapevolezza?

Personalmente sto puntando da sempre su innovazione e sviluppo, ri-valorizzando il senso della bellezza e la creatività originale, il capitale umano ed il potenziale del territorio. Sono sempre stato molto attento e sensibile verso queste straordinarie associazioni. Da vice presidente sarà mia premura divulgare questi valori e tutelarli, sicuro di avere dei compagni di avventura altrettanto sensibili e lungimiranti.

6.D – Ritiene che la nascita dei Distretti del cibo in Calabria possa rappresentare, oltre la vostra richiesta della indicazione geografica tipica ‘Igt Costa degli Dei’ un punto di forza per le vostre aziende?

Si ne sono certo, la possibilità di fare rete, di valorizzare e promuovere il territorio ed i suoi prodotti è una delle strade da percorrere per superare i momenti difficili e le crisi, permetterà a tutti di generare delle economie di scala e delle attività di promozione congiunte e più rilevanti.

7.D – Cosa mi racconta della «via dello zibibbo» che parte dal terreno della sua famiglia in contrada Ziopà oggi presidio Slow food ? Questo anche per Acli Terra Calabria è un punto di forza e di osservazione importante.

Una bellissima soddisfazione! L’amministrazione comunale ha deciso di intitolare la strada che porta in cantina, con questo nome, in omaggio al fatto che il primo zibibbo vinificato in Calabria è stato fatto proprio al termine di questa strada, nella mia cantina, in questo splendido paese di Francavilla Angitola. La nascita del presidio slow food invece, ci ha aiutato e ci aiuta nella tutela e promozione di un uva rara, coltivata e vinificata con gli antichi ed autentici criteri di un tempo, solo nelle zone del presidio stesso, mantenendo un forte rispetto delle tradizioni, affinché non si rischi più di vederle scomparire.

Redazione

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