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STILARO-SERRE CALABRE -un territorio tra storia ed archeologia industriale

La Calabria, protesa come è nel mare, è stata da sempre approdo per le popolazioni del mediterraneo, che, l’hanno “scoperta”, vissuta e arricchita della loro cultura e della loro arte.
La Calabria oggi, è conosciuta soprattutto per essere stata parte costituente della Magna-Grecia, dell’impero bizantino, del regno dei Normanni. Popolazioni che hanno “formato” la cultura calabrese e disseminato l’intero territorio di importanti “tracce” del loro vivere e dell’operare nel campo culturale.
Poco, invece, si conosce del trascorso economico Calabrese che, in passato era florido, cospicuo e consentiva alla nostra regione di recitare un ruolo preponderante e determinante nei vari regni a cui è appartenuta.
Cantieri navali, gelsi-bachicultura, legname, allevamenti, ecc., e non in ultimo, l’apparato industriale che, da un paio di decenni è stato fatto ”emergere” dall’oblio nel quale era stato relegato.
Una economia, “nuova”, “strana”, per una terra mai riconosciuta industriale. Industria, legata alla siderurgia e alle miniere, che fu attiva per oltre due millenni e che ha caratterizzato fortemente gran parte del territorio calabrese, con particolare riguardo a determinate aree che costituirono dei veri e propri “poli” industriali.
Stranamente, la storiografia ufficiale ha disconosciuto da sempre tale attività dedicando alla nostra regione solo poche e secondarie pagine di storia e descrivendo la Calabria come terra povera e dedita solamente all’agricoltura e all’emigrazione. Ma le cose non stanno affatto così.
Da studi e ricerche, viene fuori che tra i distretti industriali calabresi, il più importante, sino all’unificazione dell’Italia, era quello operante nella vallata dello Stilaro e nelle Serre Calabre, dove fu attivo il più grande polo siderurgico-minerario del Sud Italia.

Bivongi, Cardinale, Guardavalle, Mongiana, Pazzano e Stilo, sono i «luoghi del ferro», più importanti in Calabria. Prima dell’unificazione dell’Italia, con le industrie attive nei loro territori, questi centri urbani molto hanno dato all’economia del Regno delle Due Sicilie e assieme ad altre realtà sparse un po’ ovunque facevano sì che la Calabria si collocasse tra le regioni più industrializzate d’Italia.
Industrie legate soprattutto alla siderurgia e all’estrazione mineraria, i cui resti sono ancora ben presenti sul territorio che, in passato consentì con le proprie risorse, acqua, boschi, miniere e con il know-how degli addetti alla siderurgia che derivava da secoli di esperienza, la nascita di molti opifici e il sorgere di interi villaggi operai.
Lo stesso ambiente che fu in passato da “innesco” alle industrie, ora protegge i resti in un abbraccio materno e ce le consegna come “reliquie” di un trascorso storico importante. Oggi, lo stesso ambiente è suggeritore di iniziative atte al rilancio culturale-turistico di un intero comprensorio e dei reperti culturali in esso contenuti.
Questi reperti, ferriere, fonderie, fabbriche d’armi, miniere, rappresentano rari, se non unici esempi di archeologia industriale che, collocano la nostra regione tra le aree più dotate di archeologia industriale in Europa. Reperti che mantengono le antiche tipologie costruttive che stentano ancora ad essere “sfruttate” a pieno e non sono inserite organicamente nel grande patrimonio culturale regionale, da far conoscere e valorizzare.

Se molto ancora oggi è presente in Calabria, del passato industriale, sotto forma di resti materiali, poco rimane invece, nella memoria collettiva dei cittadini di quelle antiche vicende storiche legate alle industrie del comprensorio. La dismissione delle industrie, dovuta a scelte politiche postunitarie che, la Calabria ha subito, ha fortemente segnato in negativo l’economia e la società dei paesi delle Serre calabre.
Perderne ora del tutto anche la memoria sarebbe altrettanto dannoso. Ricordare, non per vantarsi di un qualcosa che mai ritornerà ma, per avere la giusta consapevolezza di chi si è stati, per guardare con la giusta considerazione al presente e per costruire un futuro migliore.
In Calabria, per merito di pochi studiosi meridionalisti e di alcune amministrazioni locali molto si è fatto da oltre un trentennio per recuperare la memoria storica cancellata con forza dalla storiografia ufficiale e ancora di più si è fatto per recuperare molti opifici, memorie tangibili della laboriosità del popolo calabrese.
Mongiana, paese, fondato intorno alla metà del sec. XVIII, per dare supporto agli addetti alle ferriere sette-ottocentesche, ha focalizzato il proprio sforzo amministrativo nel recuperare la grande fonderia (una vera e propria cattedrale del lavoro) e la fabbrica d’armi, divenute ora museo e parco archeo-industriale

Stilo, già sede delle secentesche “Reali ferriere” ha recuperato il villaggio siderurgico di “Chiesa Vecchia” e spera di fare qualcosa per le numerose ferriere site nel “Bosco di Stilo” e per la grande fonderia di Ferdinandea.
Bivongi ha restaurato diversi opifici e monumenti industriali e tra questi una miniera ottocentesca e la ferriera Fieramosca, risalente al sec XVI, edificata su un antico “ergasterion” magno-greco, nel quale si lavorava l’argento e si coniavano le monete dell’antica Kaulonìa.
Pazzano, ex villaggio di minatori ha realizzato un museo della cultura mineraria, mediante il quale ricorderà il suo passato minerario, che dal periodo magno-greco è giunto sino agli anni sessanta del novecento.
Guardavalle va orgogliosa delle sue numerose ferriere che in passato costituivano il complesso “Assi”, nel quale furono realizzati per volere dell’arch. Luigi Vanvitelli i 38 km di tubi in ferro per l’acquedotto Carolino che portava l’acqua alla regia di Caserta e alle seterie di San Leucio.
Cardinale, per avere sul suo territorio i resti delle ferriere del principe Filangieri dove fu realizzato il primo ponte sospeso su catenarie in ferro dell’Europa continentale, quello sul fiume Garigliano.

“Ecomuseo delle Ferriere di Calabria”
Il tutto è parte costituente dell’Ecomuseo delle Ferriere di Calabria, un grande progetto di sviluppo globale del territorio. Una “agenzia” che prevede la valorizzazione dei diversi e molteplici aspetti culturali e ambientali del circondario “Serre-Stilaro”.
L’Ecomuseo, nasce dal un patrimonio, dalla comunità e dal territorio e armonizza un felice connubio tra arte, storia, tra monumenti classici, medioevali, archeologico-industriali, cittadelle monastiche, abazie, insediamenti rupestri, centri urbani e popolazioni residenti. Un tutt’uno, tra ciò che è presente nel territorio e tra coloro che interagiscono con esso, visitandolo e vivendolo.
Ecomuseo, che gravita in un ambiente naturale “selvaggio”, vario e ricco di incantevoli scorci che affascina, attrae, conquista e che lo rende particolare.
Ecomuseo, un nuovo “bacino “non più minerario e siderurgico, ma un nuovo bacino culturale, ricco dei contenuti del proprio trascorso plurimillenario che ha voglia di recitare ancora un ruolo da protagonista nella rinascita sociale ed economica dei centri che lo compongono.
Ecomuseo, una assoluta necessità per cercare di contrastare lo spopolamento di aree interne e frenare il degrado ambientale di aree scarsamente antropizzate.
Si inseriscono nelle “pieghe” dell’ecomuseo numerosi appuntamenti culturali e folkloristici, sagre, feste paesane e di comprensorio, caratterizzanti i luoghi e itinerari, di vario tipo, che collegano tematicamente e globalmente i vari punti e i molti centri di interesse.
L’ecomuseo, avrà il compito di fornire un’unica “regia”, che dovrà coordinare il tutto a livello regionale e avrà il compito di far conoscere l’intero comprensorio, quello che si estende da Monasterace, per giungere sino a Serra s. Bruno, che oggi è definito la “culla” della rivoluzione industriale italiana.
Già per questa sua ultima caratteristica, quasi una “provocazione” culturale, l’ecomuseo delle Ferriere di Calabria è conosciuto in ambiti nazionali ed europei ed è inserito tra gli ecomusei attivi. Per lo stesso motivo, ha suscitato l’attenzione di testate giornalistiche come “il Sole 24 ore, Bell’Italia e La repubblica”, televisioni nazionali con i contenitori culturali: “Geo e Geo”, Linea Verde, Uno Mattina.
L’interesse scientifico è dato dall’inserimento del primo nucleo dell’ecomuseo, nell’Enciclopedia dell’UTET “Edilizia per la Cultura”, curato dal prof. Vaudetti del Politecnico di Torino e dalla trattazione del tema, nel convegno “Archeologia industriale 4.0”, tenuto a marzo presso l’UNICAL.
L’ecomuseo è stato oggetto di un documentario, dal titolo “Dinamiche di deindustrializzazione e spopolamento al Sud: Mongiana e le ferriere” realizzato nel 2021 dalla Associazione Culturale Aschenez per la II edizione della Sud Economics Summer School tenuta a Catanzaro.
Quando l’Ecomuseo sarà completato, avrà bisogno del riconoscimento dalla Regione Calabria, anzi la stessa Regione dovrebbe farsi carico di realizzarlo in modo veloce, organico, completo e funzionale e gestirlo con l’apporto gli enti pubblici del territorio delle associazioni locali.
Quando questo avverrà, la Calabria entrerà a fare parte della cerchia ristretta degli ecomusei Europei che puntano sul territorio per migliorare le condizioni di vita e l’economia di un intero comprensorio, recitando di certo, per la specificità industriale, di cui e dotato, un ruolo di primo piano.
Altro ruolo di proposizione e coordinamento è svolto dal Parco Regionale Naturale delle Serre che, sta portando avanti iniziative atte a far conoscere il vasto patrimonio archeologico industriale del territorio attraverso la realizzazione del progetto la “Via del Ferro”.
Il progetto in fase di attuazione, tramite interventi di restauro di alcuni importanti siti, con la messa in essere di una apposita cartellonistica e murales, ripristinando antiche strade e con la realizzazione di appositi siti web, consentirà alla gente del posto di conoscere il proprio passato e ai visitatori di poter effettuare escursioni e visite più agevoli, culturalmente valide ed esaustive della storia e della cultura del territorio.
Si inseriscono tra le iniziative del Parco varie pubblicazioni, tra tutte la “Guida al Parco delle Serre” nella quale vengono presentati i vari centri urbani e dati “suggerimenti” di visita e di conoscenza delle emergenze più interessanti del territorio del Parco.
“Le reali fabbriche del ferro di Calabria”
Il territorio viene anche raccontato nelle pagine di un mio testo, una monografia, “Le Reali Fabbriche del Ferro di Calabria”, edito dalla Rubbettino, che vuole rimarcare l’importanza che ha avuto la Calabria e i paesi delle Serre, in un passato non troppo lontano da noi, di quando si era produttivi e attori nell’intera economia di un Regno.

Il testo apre una finestra su vicende storiche ed economiche della Calabria, consente di effettuare un viaggio nel nostro passato industriale e vuole aiutare ad approfondire alcuni aspetti, del trascorso siderurgico calabrese, già trattati nel mio precedente lavoro “Il Ferro in Calabria”.
Racconta quanto conservato dal territorio realizzato dall’uomo in un arco spazio-temporale, che dalle vestige della città Magno-greca di Kaulonìa, giunge alle industrie borboniche delle Serre Calabre.
Nel testo, ho cercato di sviluppare una serie di “temi”, ritagliando un “spazio” ai luoghi del ferro delle Serre, collegati tra essi da uno stesso comune denominatore: la storia della siderurgia calabrese e le ricadute avute nell’intero comprensorio.
L’industria, voluta e incentivata dallo Stato era finalizzata alla produzione di manufatti per l’esercito (artiglieria, fucili, spade, granate), per i lavori pubblici (ponti in ferro, tubi per acquedotti, binari, ecc.) e per la società civile (attrezzi agricoli, campane, ancore, ecc.)
Ho cercato di dare organicità al mio lavoro, tenendo conto della complessità del tema trattato, che investe aspetti sociali, storici, antropologici e tecnologici, che hanno caratterizzato una vasta area, in un arco temporale di oltre duemila anni.
Storie legate al lavoro e alle emergenze monumentali industriali presenti sul territorio, ma anche alle incidenze sociali ed economiche che queste attività hanno attuato in loco e anche fuori regione.
Non solo ricerche archeologico-industriali sul campo, ma anche nuove risultanze emerse da ricerche documentarie in archivi. Atti notarili secenteschi e settecenteschi, che hanno consentito di acquisire ulteriori conoscenze, che ho reputato giusto porre all’attenzione di studiosi e appassionati i quali hanno già scritto sulla tematica e/o si accingono a farlo e dei semplici “curiosi”, che trovando strano sentire parlare di industrie di Calabria e spinti dalla sana curiosità, attraverso le pagine del libro conosceranno una realtà che li affascinerà e li farà meditare.

Dr. Danilo FRANCO – Esperto in Ecomusei ed Archeologia Industriale

Editor

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